Ospite dell'associazione Il Fondaco, ieri sera in cattedrale, il segretario di stato vaticano, cardinale Pietro Parolin ha ricostruito la vita e gli eventi vissuti dai tre pontefici succedutisi nel 1978. Paolo VI (Giovanni Battista Montini) morto il 6 agosto, Giovanni Paolo I (Albino Luciani) eletto il 26 agosto e morto il 28 settembre successivo, dopo appena 33 giorni, e Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła) salito al soglio il 16 ottobre. Quell'anno ormai lontano fu straordinariamente importante, non soltanto per la cristianità ma per il mondo intero: «La Chiesa – ha detto il più stretto collaboratore di papa Francesco – dovette adeguarsi ad un autentico cambio epocale». Erano gli anni della guerra fredda, il mondo era diviso in due blocchi: nei Paesi a riferimento sovietico, la pratica religiosa era ostacolata duramente, mentre a ovest tutto era impregnato da ideologie contrapposte.
Appena tre anni prima, gli USA avevano abbandonato il Vietnam dopo la sconfitta bellica. In Italia imperversava il terrorismo, e proprio in quell'anno -esattamente il 9 maggio- Aldo Moro veniva assassinato dalla Brigate Rosse dopo 55 giorni di rapimento. Per papa Montini, che ormai sentiva che la sua vita stava finendo, il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro furono un colpo durissimo: avrebbe voluto salvarlo a tutti i costi. E in qualche modo - ha riferito Parolin - il Pontefice si sarebbe anche messo a disposizione per intavolare una trattativa. Dialogando col vaticanista chioggiotto Andrea Tornielli, il cardinale numero uno della diplomazia vaticana ha fatto il punto riguardo i tanti dossier internazionali aperti: la Siria, l'islamismo salafita, le Coree e l'unificazione dei cattolici in Cina. Parolin teme che la sconfitta militare dell'ISIS non preluda alla vera pacificazione del paese mediorientale, a causa dei troppi interessi divergenti tra le grandi potenze intervenute nel conflitto e della probabile sopravvivenza di ambienti in contatto con l'islamismo oltranzista.
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